recensioni

Georgette Heyer “Il Dandy della Reggenza”

GEORGETTE HEYER

Georgette Heyer nacque a Wimbledon (all’epoca un sobborgo di Londra alto borghese) nel 1902. Ebbe un’infanzia assai felice, circondata dall’affetto dei fratelli e dei genitori (vista l’epoca, insolitamente presenti nella vita dei figli). Scrisse il suo primo romanzo, “La falena nera”, a soli 17 anni e riuscì a pubblicarlo grazie all’aiuto del padre, professore del King’s College. Da allora, fino al momento della morte, avvenuta nel 1974, la Heyer ha dato alla luce più di 50 romanzi (consentendo alla famiglia di mantenere un alto tenore di vita, dopo i problemi economici dovuti alla prematura dipartita dei genitori e alle difficoltà del suo stesso marito, ingegnere minerario). I suoi libri spaziano come ambientazione dal medioevo alla prima metà del 1900, come genere dallo storico, al sentimentale al thriller. I più famosi sono senz’altro quelli relativi al periodo georgiano e della reggenza. In particolare “Il Dandy della Reggenza”, del 1935, viene considerato il capostipite del genere così detto “Regency Romance”, ovvero di tutti i numerosissimi romanzi sentimentali ambientati in Inghilterra, fra il 1811 ed il 1820.

IL DANDY DELLA REGGENZA

Il sig. Taverner, gentiluomo inglese di campagna di inizio ‘800, nel testamento affida i figli, Judith e Peregrine, grandi ma non ancora maggiorenni, al conte di Worth. I due giovani lasciano la tenuta di famiglia per recarsi a Londra, con l’intenzione di convincere l’amico del padre a consentire loro di stabilirsi in città. Ma ben presto scoprono che il vecchio conte è morto e che il loro tutore è il figlio, il bellissimo ed elegantissimo dandy Julian. L’attrazione fra Judith ed il conte è immediata ma la relazione fra i due fatica a decollare perchè da un lato c’è il problema legale della tutela, dall’altro il carattere dei due personaggi: indipendente, spigliata, quasi audace Lei, orgoglioso, caparbio e prepotente Lui. In questa situazione già spinosa si inserisce un ulteriore elemento di disturbo: il giovane Peregrine è vittima di una serie di episodi poco piacevoli, pare quasi che qualcuno stia attentando alla sua vita e occorrerà risolvere il mistero prima di poter giungere all’inevitabile lieto fine.

GIUDIZIO

La Heyer a lungo è stata considerata una scrittrice da poco che, al massimo, poteva ambire ad essere la migliore fra le numerose imitatrici di Jane Austin. Solo alla fine degli anni ’70 la critica si è resa conto del suo valore intrinseco. Le costanti citazioni che l’autrice fa della Austin stanno a dimostrare apertamente come questa le sia stata di ispirazione, sia nella caratterizzazione dei diversi personaggi, sia per quanto riguarda gli intrecci narrativi. Tuttavia lo stile lineare e moderno della Heyer consente una lettura assai scorrevole e la capacità di calarsi in un modo ben antecedente al suo è un merito che la Austin, evidentemente, non aveva. E se talora le descrizioni si fanno un poco lunghe è per il desiderio dell’autrice di ricreare situazioni storicamente attentissime ed effettivamente necessarie al lettore moderno non sempre (!!!) particolarmente informato sulle circostanze e sugli usi di un’epoca ormai lontana. Dunque ispirazione ma non imitazione in una serie di romanzi davvero piacevolissimi e che aprono le porte su un modo incredibilmente affascinante.

IL RESTO DELLA PRODUZIONE

Non ho letto tutti i romanzi della Heyer ma, sebbene consideri “Il dandy della reggenza” il più bello, consiglio comunque fortemente anche gli altri che conosco:

“La pedina scambiata”(senz’altro quello con il personaggio maschile meno simpatico), 1926.

“Il figlio del diavolo” (il seguito de “La pedina scambiata”, probabilmente il più divertente grazie ai dialoghi esilaranti), 1932.

“Un matrimonio alla moda” (intrigante e ricchissimo, forse fin troppo, di dettagli sulla moda di fine ‘700), 1934.

“L’anello” (con una piacevole vena gialla), 1936

“L’incomparabile Barbara” (il seguito de “Il dandy della reggenza” e, in minor misura, de “Il figlio del diavolo”, con il maggior numero di digressioni strettamente storiche), 1937

“Beau Wyndham”, 1940.

“Il tavolo del faraone”, 1941.

“Una ragazza adorabile” (commedia degli equivoci troppo lunga per essere davvero brillante), 1944.

“La vedova riluttante” (un poco ostico a causa dell’intrigo politico presente nell’intreccio che l’autrice lascia piuttosto ostico), 1946.

“Sophy la grande” (che mi è piaciuto meno degli altri perché non ho apprezzato particolarmente le caratteristiche della protagonista, Sophy appunto), 1950

“L’imprevedibile Venetia” (con una protagonista femminile adorabile ed anticonformista ed un libertino decisamente meno audace del previsto), 1958

“L’erede misterioso” (tutto concentrato su un protagonista maschile assolutamente fantastico), 1959

“Frederica” (probabilmente il più esilarante), 1965

“Una donna di classe” (dopo “Il dandy della reggenza”, senz’altro il mio preferito), 1972.

il dandy della reggenza

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