diario di bordo

Se la mia macchina avesse una coscienza, avrebbe tutto il diritto di odiarmi

Mercoledi 19 aprile ’17, ore 1930. Parcheggio la macchina in box, scendo, la chiudo con il telecomando e la osservo: siamo proprio sicuri che le auto non abbiano davvero nessuna forma di coscienza né di consapevolezza? Perché, data la giornata appena trascorsa, se per caso la mia Subaru Forester avesse un’anima dovrebbe senz’altro odiarmi!

Tutto è iniziato stamani intorno alle 7.45. Salutati marito e figlia diretti al Liceo (che è di strada per l’ufficio di Luca), ho preso la macchina e mi sono avviata verso palestra. Come tutte le mattine, ho chiamato mia madre con il veicolare: la chiacchierata di oggi verteva sul tema “cosa mangiamo per Pasqua”, argomento affrontato almeno otto volte negli ultimi due giorni, senza che alla fine noi si sia cambiato il menù neppure di una virgola. Chiusa finalmente la conversazione, ho realizzato che la macchina procedeva a scatti e vibrava. Ho accostato, spento tutto e rimesso in moto: a volte succede che le centraline elettriche impazziscano … i motori molto meno e l’andamento dell’auto non lasciava veri dubbi sulla gravità della situazione, ma la speranza è l’ultima a morire. Come volevasi dimostrare, la seconda partenza non ha prodotto miglioramenti significativi, così, già sul piede di guerra, ho chiamato mio marito. Perché sul piede di guerra? Che cosa c’entrava Lui se la macchina aveva problemi? Il fatto è che, quando si tratta di automobili, io ritengo Luca sempre direttamente responsabile: io gestisco le case in totale ed assoluta autonomia e mi sobbarco il grosso degli impegni di Elisa ma la cura e la manutenzione delle nostre auto è da sempre compito esclusivo di mio marito. Ergo, se la macchina ha un problema, la colpa è di Luca (è un sillogismo aristotelico, non l’ho mica inventato io!).

Io: “Luca, la macchina procede a scatti e trema tutta”.

Luca: “Strano. L’ho presa ieri sera per evitare di fare manovra con la mia e non aveva nessun problema”

Io: “Impossibile! Sicuramente già ieri c’era qualcosa che non andava ma tu sarai stato troppo distratto per accorgertene”

Luca: “Tesoro ma se dici che la macchina va a scatti e vibra violentemente quanto sarei dovuto essere distratto per non accorgermene?”

Elisa: “Mamma, hai tolto il freno a mano?”

Io: “Senti Cosuzza (quando sono alterata e voglio rimetterla al suo posto la apostrofo sempre in questo modo), ho la patente da più di vent’anni, pensi davvero che potrei dimenticarmi di abbassare il freno a mano?!”

La mia rabbia sta ormai montando oltre il livello di guardia ma, casualmente (l’inconscio è davvero uno strumento straordinario!), l’occhio mi cade sul quadro luci dove noto che, in effetti, la spia del freno a mano lo segnala inserito … abbasso lo sguardo e … sì, non l’ho sganciato … e, nel frattempo, sono arrivata in palestra, giusto quei sette chilometri! Il mio improvviso silenzio svela ai miei la verità. Elisa scoppia a ridere, Luca si trattiene ma io già me lo vedo con un sorriso a trentadue denti!

Entro in palestra inviperita per la figuraccia fatta e mi alleno come una forsennata per più di un’ora. Una volta pronta ad uscire, mi si avvicina uno degli altri avventori mattutini (a quell’ora in palestra ci siamo solo io ed un nutrito gruppo di pensionati che, più che allenarsi, chiacchiera fin troppo vivacemente).

Altro Avventore: “Signora, la Subaru bordeaux è sua, vero?”

Io: “Sì”

Altro Avventore: “Guardi, faccia attenzione, perché ha la ruota anteriore destra quasi a terra.”

Mi scaravento fuori dalla palestra e constato che l’Altro Avventore ha perfettamente ragione. La gomma è chiaramente compromessa e va sostituita quanto prima se non voglio rovinare il cerchio. Vedo i miei programmi per la giornata accartocciarsi tutti gli uni sugli altri: chissà quanto tempo perderò stamani per questo problema!

Infuriata salgo in macchina e avverto il gommista di fiducia, che ha l’officina a Busto Arsizio, trenta minuti buoni di percorso ad andare ed altrettanti a tornare,  del mio prossimo arrivo. Dopo di che chiamo Luca.

Io: “Ho una gomma a terra! Sto andando dal gommista per farla cambiare. Hai idea di quanto tempo mi porterà via questo scherzetto? Ti pare normale abitare a Casorezzo e avere il gommista di fiducia a Busto Arsizio?”

Luca: “Tesoro ma con Giò siamo amici (vero: ci frequentiamo anche come nuclei familiari), è il mio gommista da più di vent’anni … “

A questa osservazione non so rispondere, così attacco mentre il fumo ormai mi esce dalle orecchie.

Arrivo a Busto, faccio cambiare la ruota e mi avvio per tornare a casa. Appena uscita dalla città, sullo stradone che collega Dairago, Arconate e Busto Garolfo, una vecchia Alfa Romeo mi supera .. portandosi via il mio specchietto laterale sinistro! Mi dò all’inseguimento e quella accosta al primo spiazzo disponibile. Scendo dalla macchina simile ad un toro nell’arena pronto al combattimento. Dall’altra macchina esce una vecchietta ottuagenaria minuscola e con un visino dolcissimo che mi ricorda tantissimo mia nonna … mi calmo all’istante, mentre la poverina si profonde in scuse. La nonnina è evidentemente una guidatrice spericolata, ma per compilare la constatazione amichevole ci mette una vita e mezza! Finalmente espletiamo tutte le formalità e ci salutiamo. Mi rimetto in marcia e chiamo Luca: non mi sono certo sfogata con la vecchietta ma con qualcuno devo pur farlo!

Io: “Non ci crederai mai. Una vecchietta, che pareva la copia sputata di nonna Memè, sorpassandomi, mi ha disintegrato lo specchietto laterale!”

Luca, ridendo come un matto: “Tesoro queste cose capitano sempre a te! Tranquilla comunque. Appena arrivi a casa girami via mail la constatazione amichevole, così la mando subito alla società di noleggio (nessuna delle nostre macchine è di proprietà, sono tutte prese con noleggio a lungo termine) e vedrai che già domattina riuscirò a farti sostituire lo specchietto”.

Io non sono altrettanto ottimista, né sui tempi della sostituzione, né sulla mia effettiva capacità di usare lo scanner per girargli la constatazione, ma decido che entrambe le problematiche potranno tornarmi utili più tardi per imbastire una bella scenata per cui, al momento, sorvolo.

Arrivo a casa che è quasi mezzogiorno. Sono schifosamente indietro sulla tabella di marcia per cui passo le ore successive praticamente in apnea per recuperare il tempo perso.

Alle 17.00 esco di nuovo in macchina per andare a Magenta da un cliente che mi ha commissionato una relazione per la quale ha già del materiale da passarmi. La conversazione va per le lunghe ma, finalmente, alle 19.00 ci salutiamo a io risalgo in macchina. Sono parcheggiata nel cortile del palazzo del cliente. Un bel palazzo d’epoca con il cortile predisposto a parcheggio e chiuso da un cancello elettrico. So dov’è il pulsante per l’apertura ma, appena metto in moto, mi accorgo che il cancello si sta già aprendo: accanto a me una BMW sta facendo manovra per uscire. La lascio fare e poi mi avvio a mia volta. Proprio mentre sono all’altezza del cancello, occupata a controllare che la strada sia libera per immettermi in carreggiata, il cancello inizia a chiudersi: non ha le fotocellule, è solo temporizzato! Nel panico innesto la retromarcia ma è tutto inutile: l’inferriata si abbatte inesorabilmente sul muso dell’auto! Dopo i primi secondi di paralisi … chiamo Luca!

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