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Andrea Camilleri “Il Commissario Montalbano – La rete di protezione”

ANDREA CAMILLERI
Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle nel 1925. Si è diplomato al liceo classico ad Agrigento (per altro senza sostenere realmente gli esami di maturità a causa dei bombardamenti e del rischio sbarco), per poi iscriversi alla facoltà di Lettere senza però mai laurearsi. Ha iniziato a scrivere e pubblicare poesie negli anni ’40. Contemporaneamente ha frequentato l’accademia d’arte drammatica concentrandosi sulla regia e, nel decennio successivo, ha diretto numerosi spettacoli teatrali. Alla fine degli anni ’50 si è sposato ed è entrato in RAI dove ha svolto prima il compito di delegato alla produzione, poi quello di regista per numerosi sceneggiati, comparendo ogni tanto anche come attore. Alla fine degli anni ’70 ha ottenuto una cattedra all’accademia d’arte ed ha iniziato a scrivere romanzi. Nel 1994 ha pubblicato il poliziesco “La forma dell’acqua”: si tratta della prima indagine del Commissario Montalbano che, in brevissimo tempo, è diventato un caso letterario e gli ha regalato un successo internazionale senza precedenti. Da questo momento in avanti ha continuato la sua carriera letteraria sia attraverso i numerosissimi romanzi con protagonista il commissario, sia con altri libri stand alone.
Dai romanzi di Camilleri risultano evidenti sia le sue convinzioni politiche (fortemente di sinistra), sia quelle religiose (convinto sostenitore di un bene superiore, non necessariamente identificabile con questo o quel dio). Quelli di Montalbano, inoltre, sono caratterizzati da una scelta stilistica sui generis, l’uso della lingua italiana frammista al dialetto siciliano che, di primo acchito, spiazza sicuramente il lettore (in particolare quello del nord) ma che, contro ogni aspettativa, conquista e ha il pregio di ridare nobiltà a un dialetto ricchissimo di sfumature tanto quanto lo stesso italiano e, forse, di più.
IL COMMISSARIO MONTALBANO
Salvo Montalbano è nato a Catania nel settembre del ’50. Rimasto orfano di madre da piccolo, con un padre spesso assente per motivi di lavoro (e con cui ha un rapporto assai conflittuale), è cresciuto presso gli zii. Si è laureato in Giurisprudenza ed è entrato in polizia. E’ stato vicecommissario a Mascalippa, un paesino di montagna, dove ha terribilmente sofferto a causa del freddo e, soprattutto, per la lontananza dal mare che, per Salvo, è da sempre una sorta di cassa di risonanza del proprio intimo. Promosso, è stato finalmente trasferito sulla costa, a Vigata, in provincia di Montelusa (località entrambe fittizie), dove ha subito affittato (per poi comprarla) una casa sul lungo mare di Marinella (frazione di Vigata).
Dunque, in una Sicilia bella da mozzare il fiato ma avvelenata dalla malavita organizzata e da una sorta di stanchezza atavica, Montalbano conduce le indagini lasciandosi sempre coinvolgere ben oltre il ruolo istituzionale e spendendo ogni volta tutto quanto ha da offrire in termini di fiuto innato, capacità d’osservazione e riflessioni sulla natura umana, spesso in barba ai regolamenti e più attento a verità e giustizia che non ai dettami di legge. E l’investimento emotivo dato a ciascuna indagine lo porta anche a guardarsi dentro, in un esame continuo di sé stesso, dei propri limiti e delle proprie debolezze.
Oltre alla complessità psicologica, il Commissario presenta tutta una serie di piccole manie: dalla necessità di consumare i pasti in religioso silenzio per meglio godere del cibo, all’idiosincrasia per l’uso in prima persona della tecnologia moderna (di cui poi però sa apprezzare i risvolti investigativi), dall’indifferenza per la televisione all’amore per la letteratura.
Non stupisce dunque che i legami affettivi di Montalbano siano pochi ma solidissimi, sia quelli relativi alla sfera lavorativa, che quelli più intimi.
Fra i colleghi, fondamentale per Montalbano sono il suo vice Mimì Augello (donnaiolo impenitente ma poliziotto integerrimo), il braccio destro Fazio (che Salvo prende sotto la sua ala e di cui diventa il mentore), il centralinista Catarella (un bambino con il corpo di un uomo, ingenuo fino alla purezza), il medico legale Pasquano (introverso e burbero quanto il Commissario stesso e altrettanto preparato da un punto di vista professionale). Nel microcosmo di Montalbano gravitano anche alcuni amici, quali il giornalista Zito, la bella e spregiudicata Ingrid, la fedele colf Adelina. Ed infine c’è Lidia, compagna del Commissario dalla giovinezza, i due hanno sempre vissuto una relazione a distanza senza mai decidersi alla convivenza e attraversando fasi alterne di stanca e tradimenti per poi tornare però sempre insieme.
IL TELEFILM
In una nazione come la nostra, dove i lettori scarseggiano (per usare un eufemismo!), il successo del Commissario Montalbano è in gran parte dovuto al telefilm, che è stato tratto dai romanzi e di cui Camilleri ha curato direttamente ogni minimo aspetto.
Fenomenale il cast, da Zingaretti a Perracchio (alias Pasquano), straordinari ambientazione e fotografia, eccellente il lavoro di trasposizione dalla carta alla fiction. Anche lo spin off sul giovane Montalbano non delude e Riondino è bravo, sebbene non sia stato possibile ricreare la magia del telefilm originale.
LA RETE DI PROTEZIONE
Vigata è stata scelta come location per una fiction televisiva di produzione italo-svedese ambientata nel 1950. L’intero paese viene trasformato per esigenze di copione ed è in gran parte coinvolto nell’operazione, al punto che i criminali stessi paiono non trovare più il tempo per delinquere.
Irritato ed annoiato, Montalbano si lascia coinvolgere in un mistero risalente ai primi anni ’60 e in quello che sembra essere una grave caso di bullismo giovanile. Due situazioni molto diverse l’una dall’altra e assai lontane nel tempo ma con una caratteristica comune: il bisogno che ciascun essere umano ha di sentirsi protetto.
GIUDIZIO
Da quando ho iniziato questa avventura del blog, ho sempre evitato di recensire i romanzi di Camilleri, anche quelli che ho letto a sito già aperto. La mia era pura vigliaccheria: cosa mai avrei potuto dire di nuovo su un autore ed un personaggio tanto noti ed amati? Che avrei potuto scrivere per conquistare altri lettori alla famosa saga? Nulla, ovviamente.
Se, alla fine, ho deciso di recensire “La rete di protezione”, l’ho fatto per ben altri motivi. La verità è che quest’ultimo romanzo di Camilleri mi ha lasciato l’amaro in bocca. A ben vedere però è da diverso tempo che le avventure del Commissario hanno su di me un effetto sì fatto. I primi romanzi di Montalbano trattavano temi importanti e suscitavano nel lettore profonde riflessioni sulla natura dell’animo umano e sul livello di brutalità cui la nostra specie è in grado di arrivare, ma erano anche divertenti, a tratti esilaranti. Negli ultimi racconti, l’aspetto ironico è andato scemando. Pare che Camilleri, invecchiando, abbia perso, proprio come il suo Commissario, la capacità di cogliere ed apprezzare il ridicolo e tenda sempre di più verso l’aspetto malinconico. Io sono decisamente più giovane, sia dell’autore che del personaggio, eppure trovo che anche il mio modo di essere si intristisca anno dopo anno. Per cui, se come lettrice sento terribilmente la mancanza delle performance di Catarella, come donna mi rendo conto di come la serie di Montalbano rispecchi la realtà, non solo quella del microcosmo del Commissario, ma, soprattutto, quella di ciascun essere umano che nasce pieno di speranza ed aspettative e le perde inevitabilmente lungo la strada. Dunque questa mia recensione vuole essere più che altro una raccomandazione: leggete l’intera serie del Commissario solo se siete disposti a venire a patti con la vostra stessa inclinazione alla disillusione, in caso contrario fermatevi ai primi dieci libri.

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