recensioni

Andrea Camilleri “La scomparsa di Patò”

ANDREA CAMILLERI

Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle nel 1925. Si è diplomato al liceo classico ad Agrigento (per altro senza sostenere realmente gli esami di maturità a causa dei bombardamenti e del rischio sbarco), per poi iscriversi alla facoltà di Lettere senza però mai laurearsi. Ha iniziato a scrivere e pubblicare poesie negli anni ’40. Contemporaneamente ha frequentato l’accademia d’arte drammatica concentrandosi sulla regia e, nel decennio successivo, ha diretto numerosi spettacoli teatrali. Alla fine degli anni ’50 si è sposato ed è entrato in RAI dove ha svolto prima il compito di delegato alla produzione, poi quello di regista per numerosi sceneggiati, comparendo ogni tanto anche come attore.
Alla fine degli anni ’70 ha ottenuto una cattedra all’accademia d’arte ed ha iniziato a scrivere romanzi. “Il corso delle cose” del 1978 è stato il suo primo giallo (trasposto dalla Rai l’anno successivo in uno sceneggiato televisivo). Nel 1994 ha pubblicato il poliziesco “La forma dell’acqua”: si tratta della prima indagine del Commissario Montalbano che, in brevissimo tempo, è diventato un caso letterario e gli ha regalato un successo internazionale senza precedenti, anche grazie alla fantastica trasposizione televisiva. Da questo momento in avanti ha continuato la sua carriera letteraria sia attraverso i numerosissimi romanzi con protagonista il Commissario, sia con altri libri stand alone.
Generalmente, anche se in alcuni libri più che in altri, dagli scritti di Camilleri risultano evidenti sia le sue convinzioni politiche (fortemente di sinistra), sia quelle religiose (convinto sostenitore di un bene superiore, non necessariamente identificabile con questo o quel dio). Inoltre lo stile dell’autore è sempre caratterizzato dalla commistione fra l’italiano e il dialetto siciliano.

LA SCOMPARSA DI PAT0’

Vigata, 21 marzo 1890, Venerdì Santo. Come ogni anno in Paese viene messo in scena il “Mortorio”, ovvero l’opera del Cavalier D’Orioles sulla Passione di Cristo. A recitare non sono attori professionisti ma gli stessi vigatesi ed in gran numero. Il ruolo di Giuda già da diverse edizioni è affidato al ragionier Antonio Patò, direttore della locale filiale della Banca Trinacria e stimato dai compaesani che gli riconoscono educazione, disponibilità e bontà d’animo. La recita riscuote notevole successo e la cittadinanza intera si appresta a godersi i giorni di festa.
A poche ore dalla fine della rappresentazione però la moglie del ragioniere denuncia al Delegato di Pubblica Sicurezza la scomparsa del marito che, dopo essersi calato nella botola sottostante il palcoscenico per simulare la morte di Giuda, non è più tornato a casa. La popolazione intera viene coinvolta nella ricerca e numerose sono le congetture che iniziano a circolare a Vigata. C’è chi pensa ad una perdita di memoria ed un conseguente vagabondare senza meta, chi ad un rapimento a scopo di riscatto viste le ingenti fortune della signora Patò. Chi presuppone un regolamento di conti dati i rapporti ben noti fra la banca ed i boss della zona, chi, ancora, di una vendetta personale da parte di un cliente insoddisfatto. C’è addirittura chi teorizza un salto spazio-temporale.
Nel frattempo, oltre agli appelli della signora Patò, anche da Roma giungono pressioni per la soluzione del caso e si arriva ad obbligare carabinieri e pubblica sicurezza ad una vera e propria collaborazione.
Alcuni elementi vengono acquisiti ed accertati: Patò è scomparso con ancora addosso il vestito di scena ma anche i suoi abiti “civili” non si trovano da nessuna parte; pure altri capi d’abbigliamento, di proprietà di altre comparse, mancano all’appello; Patò ha ricevuto alcune minacciose lettere anonime; vi sono effettivamente stati dei problemi con alcuni clienti, più o meno onesti, della Banca.
Tassello dopo tassello la verità viene effettivamente a galla ed è quella a cui nessuno aveva pensato.

GIUDIZIO

Camilleri parte ancora una volta da un fatto realmente accaduto e trae ispirazione da un passo di “A ciascuno il suo” di Sciascia. Senza utilizzare alcuna voce narrante esterna, l’autore crea una sorta di fascicolo investigativo con articoli di giornali, lettere, scritte murali, rapporti ufficiali ed ufficiosi e sfrutta dunque una notevole quantità di stili, dall’eloquio pomposo di politici ed alti prelati, a quello “terra terra” degli interrogatori. Ne risulta un viaggio esilarante che, fra collusioni politico-mafiose e debolezze umane, conduce con naturalezza il lettore all’unica possibile soluzione.
Un romanzo insolito e divertentissimo del 2000, trasposto anche in un film per la tv del 2010 e trasmesso dalla Rai.

 

La scomparsa di Patò

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