recensioni

Stephen King “Fine Turno” (Trilogia di Bill Hodges III)

STEPHEN KING

Stephen Edwin King è nato a Portland nel 1947. E’ uno degli scrittori statunitensi più famosi e prolifici dei nostri tempi: ha pubblicato all’incirca ottanta opere. I suoi romanzi rientrano nel genere Fantasy, nel thriller o nell’Horror. Il pubblico lo ha sempre amato, come dimostra il fatto che da moltissimi suoi libri siano state ricavate trasposizioni cinematografiche o televisive. Al contrario, la critica a lungo lo ha definito in maniera dispregiativa e solo a partire dagli anni ’90 ha iniziato a rivalutarlo.

Io sono da sempre una fan di King. Ho iniziato a seguirlo da ragazza, alle scuole superiori, leggendo la maggior parte dei suoi romanzi Horror, da “Carrie” a “Cujo”, da “Pet Sematary” a “Le notti di Salem”. Negli anni però la mia passione per gli horror si è esaurita. Sia nel contesto della letteratura che in quello delle scelte televisive, non ho più lo stomaco per tollerare le brutture del genere umano enfatizzate allo stremo. Straordinariamente anche il sig. King è cambiato insieme a me: già in alcuni casi negli anni ’90, ma soprattutto a partire dal 2000, la sua vena horror si è attenuata, a favore del thriller e del fantasy.

LA TRILOGIA DI BILL HODGES

“Fine Turno” del 2016 è il terzo romanzo di una trilogia (da cui sarà presto tratta, come volevasi dimostrare, una serie televisiva). Il primo romanzo della serie è “Mr. Mercedes” del 2014, il secondo è “Chi perde paga” del 2016 (di entrambi ho già pubblicato la recensione) (ATTENZIONE AL RISCHIO SPOILER!). La continuità narrativa fra i tre libri è data dalla presenza del personaggio di Bill Hodges, un ex detective della polizia ora investigatore privato, e dei suoi aiutanti, Holly Gibney e Jerome Robinson.

FINE TURNO

Dopo cinque anni dalla tentata strage al Mingo Auditorium, il famigerato Brady Hartsfield, alias Mr. Mercedes, è ancora ricoverato in ospedale, presso il reparto di neurologia del dottor Felix Babineau. Non è più in coma, riesce a percorrere brevissimi tratti e ogni tanto a parlare ma è poco più di un guscio vuoto. Persino Hodges, che ancora lo andava a trovare prima del caso Bellamy, si è rassegnato all’idea che non sarà mai più in grado di intendere e volere e sembra esserselo lasciato alle spalle. Una mattina tuttavia Pete Sauber, l’ex collega di Hodges, a sua volta prossimo alla pensione, convoca Bill ed Holly, ormai soci nell’agenzia investigativa, sulla scena di un omicidio-suicido in cui sono coinvolte due donne sopravvissute alla strage del City Center. Nella villetta Holly nota il disegno di una “Z” e la presenza di una consolle di giochi piuttosto obsoleta. Poco dopo questo macabro episodio, altre persone dell’entourage di Hartsfield muoiono suicide e sulle scene dei crimini sono nuovamente presenti la “Z” e il gioco elettronico. Dunque Hodges e Holly si convincono che Mr. Mercedes non solo non sia una specie di vegetale, ma che abbia anzi trovato un modo di manipolare quanti gli stanno intorno per continuare impunemente ad uccidere. Senza alcun appoggio da parte della polizia (la nuova collega di Pete, la “Signorina Occhi Belli”, si rifiuta di credere ad un qualunque coinvolgimento di Hartsfield nelle recenti morti violente), Hodges, Holly e Jerome (rientrato in città in seguito ad un incidente in cui è rimasta ferita la sorella) iniziano ad indagare e si addentrano nei misteri e nelle incredibili capacità della psiche umana, al limite del paranormale. Ed intanto Hodges si ritrova a dover combattere anche contro un altro nemico, scientificamente provato ed implacabile, il cancro.

GIUDIZIO

“Mr Mercedes”, il primo della trilogia, è senz’altro un romanzo hard boiled, cioè caratterizzato dalla rappresentazione realistica di un crimine violento da cui prende il via l’intreccio narrativo e dalla presenza di un investigatore duro, disincantato, con un matrimonio fallito alle spalle e seri problemi di alcolismo (Bill Hodges, appunto). “Chi perde paga”, il secondo volume, è un libro senz’altro meno violento, dove i racconti di vita dei vari personaggi la fanno da padrone anche rispetto alla componente investigativa ed in cui le dinamiche sociali di Hodges si discostano alquanto da quelle tipiche dell’investigatore hard boiled. “Fine turno” è una via di mezzo fra un thriller, un horror ed un fantasy poiché si concentra sul tema, già visto in King (si pensi per esempio a “Duma Key”), della possessione e della suggestione portata a livelli estremi.

A differenza di molti fan di King che hanno fortemente criticato i primi due romanzi della trilogia, definendoli troppo commerciali, io li ho amati entrambi. E mi è piaciuto moltissimo anche “Fine Turno”. Un paio di capitoli, nella seconda metà del romanzo, sono forse troppo espliciti sul percorso seguito dalla mente del serial killer, avrei preferito che King fosse rimasto più vago e misterioso. Ma questa è l’unica pecca del romanzo che, per il resto,  è scritto benissimo, ha splendidi dialoghi e coinvolge completamente il lettore che si trova ad affiancare Hodges ed i suoi in una lotta all’ultimo respiro.

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