recensioni

JULIA QUINN “IL VISCONTE CHE MI AMAVA (BRIDGERTON 2)

JULIA QUINN

Julia Quinn è lo pseudonimo usato da Julie Pottinger (New York 1970), per firmare i suoi romance.

Durante l’ultimo anno all’Harvard College, l’allora giovanissima Julie non aveva chiaro cosa volesse fare da grande. Dopo mesi di tentennamenti e dubbi, la neo laureata in Storia dell’Arte finì per optare per la Scuola di Medicina ma scoprì di dover attendere ben due anni prima di poter accedere a Yale o alla Columbia. Così decise che nel frattempo avrebbe potuto provare a scrivere un romance. In poco tempo pubblicò tre romanzi. Entrata finalmente a Medicina, per diversi mesi si concentrò sul nuovo ciclo di studi ma, alla fine, si rese conto che la scrittura era la sua vera passione e lasciò la Scuola.

La Quinn oggi viene tradotta in 29 lingue, è stata per 19 volte nella classifica dei Best Seller di New York, ha vinto il Rita Award nel 2007 e da una delle sue saghe Shonda Rhimes ha tratto la serie televisiva evento del 2020.

LA SAGA DI BRIDGERTON

La saga da cui Shonda Rhimes (già nota sceneggiatrice di “Grey’s Anatomy”, “Private Practice”, “Scandal” e “Le regole del delitto perfetto”) si è basata per la serie televisiva evento del 2020 è quella di Bridgerton, scritta fra il 2000 ed il 2013. Si tratta di nove romanzi, ambientati nella prima metà dell’ottocento, che vedono protagonisti i rampolli di casa Bridgerton, una delle più solide e antiche famiglie della nobiltà britannica. La prima stagione televisiva prende spunto dal primo volume e, presumibilmente, la seconda, già annunciata, si rifarà al secondo. E’ giusto far presente comunque che la distanza fra “Il Duca e io” e la relativa versione TV è notevole: le differenze sono moltissime, sia in termini di intreccio che di personaggi.

IL VISCONTE CHE MI AMAVA (BRIDGERTON 2)

Dopo un’infanzia ed un’adolescenza felici, Anthony, figlio maggiore dell’antica e facoltosa famiglia Brigerton, a soli 18 anni assiste impotente all’improvvisa morte del padre. Scioccato dall’accaduto e con il peso della primogenitura sulle spalle, si convince che anche a lui il destino riserva una morte prematura. Inizia dunque a vivere ogni giorno intensamente e, pur non trascurando mai le responsabilità legate al suo ruolo, passa molti anni da impenitente libertino. Durante la stagione del 1814 tuttavia il giovane visconte, ormai ventottenne, decide di dover convolare a nozze per assicurare un erede al casato. Non vuole un matrimonio d’amore, anzi rifiuta del tutto l’idea di innamorarsi: Anthony non teme la sua prematura dipartita ma non tollera l’idea di legarsi davvero sentimentalmente ad una donna sapendo di doverla abbandonare anzitempo, meglio un matrimonio basato su stima reciproca e sufficiente attrazione ma privo di un passionale coinvolgimento emotivo. La sua scelta cade dunque sulla perla della stagione, Edwina Sheffield.

Edwina non ha grandi disponibilità economiche ma è effettivamente una diciassettenne bellissima, dalle maniere impeccabili e anche piuttosto sveglia. Come Anthony è orfana di padre ma è molto legata alla madre Mary ed alla sorellastra maggiore Kate. Kate ha già superato i vent’anni e non ha grandi speranze di trovare un pretendente a Londra, conta piuttosto di aiutare la sorella nella scelta del marito e poi di tornare in campagna e cercare l’amore in un contesto meno elegante e pretenzioso, tanto più che sa di non poter contare sulla straordinaria bellezza della sorella né sulla sua indole dolce: è una donna passionale, emotiva, ironica ed indipendente.

Quando il Visconte Bridgerton inizia a corteggiare la più giovane signorina Sheffield ovviamente incontra anche la sorella maggiore. Anthony e Kate hanno entrambi caratteri forti e iniziano a battibeccare praticamente subito, soprattutto a causa della fama da libertino che il giovane aristocratico si porta dietro. Ma gli scontri intellettuali sono proprio il sale della vita e suscitano passioni ed emozioni ben più forti della bellezza …

GIUDIZIO

Come avevo già avuto modo di sottolineare a proposito de “Il Duca ed io”, la Quinn sa indubbiamente scrivere ed ha uno stile ironico che, forte anche dei dialoghi brillanti, rende la lettura estremamente piacevole. Rispetto al primo romanzo della saga, questo secondo libro presenta poi descrizioni paesaggistiche più accurate e quindi riesce davvero a trasportare nella Londra di inizio ‘800. L’intreccio però è incredibilmente prevedibile, soprattutto per chi ha già letto “Il Duca ed io” e, ancora una volta, le motivazioni dei protagonisti principali risultano piuttosto inconsistenti. Dunque piacevole ma non aspettatevi molto più di un buon Harmony.

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