recensioni

Dario Crapanzano “La squillo e il delitto di Lambrate”

DARIO CRAPANZANO

Dario Crapanzano è nato a Milano nel 1939.

Si è laureato in Giurisprudenza e si è anche diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica. Terminati gli studi, ha lavorato per molto tempo in ambito pubblicitario.

Il suo primo romanzo risale al 1967, “A Milano con la ragazza … e no”, il secondo è di molti anni dopo, del 2005, “Ciao ipocondriaco”. La fama vera e propria, in ambito letterario, però gli arriva solo nel 2011, con l’uscita di un giallo costruito intorno alla figura del commissario di polizia Mario Arrigoni. Il successo del romanzo è tale che Crapanzano finisce con il farne una vera e propria serie che ad oggi conta sette libri. Nel 2018 l’autore, tuttavia, decide di abbandonare il suo collaudato detective e dà vita ad un nuovo personaggio, presumibilmente con l’intenzione di creare una nuova saga. Si tratta di Margherita Grande, squillo di professione ed investigatrice per passione. A restare invariata nelle due serie è l’ambientazione: sfondo di tutte le indagini è infatti sempre la Milano degli anni ’50 in cui Crapanzano ha vissuto e che conosce bene.

LA SQUILLO E IL DELITTO DI LAMBRATE

Milano, anni ’50. L’Italia sta pagando pegno alla seconda guerra mondiale. La città è ancora in parte abbrutita da macerie e buona parte della popolazione ha grosse difficoltà economiche. Nelle case di corte dei quartieri popolari, da porta Venezia a Lambrate, si respira aria che sa di cucina ed una buona dose di disperazione. La ligera (piccola mala milanese) imperversa, insieme di moderni Robin Hood, dediti ai furti nei quartieri bene ma sempre disposti ad aiutare la propria gente in difficoltà.

Margherita Grande è sulla soglia della maggiore età ed ha una bellezza decisamente al di sopra della media ma le sue fortune finiscono qui: orfana, deve occuparsi dei due fratelli in età scolare con il solo supporto dell’anziana nonna. Caparbia e coraggiosa, si rimbocca le maniche e trova un posto da cameriera. Ma i soldi comunque bastano a stento e lei invece vorrebbe dare ai fratelli la possibilità di proseguire negli studi, magari fino alla laurea. Così quando la tenutaria di una casa chiusa d’alto bordo le propone di andare a lavorare per lei come squillo, la giovane, nonostante qualche perplessità iniziale, accetta. Nel giro di pochi mesi la situazione economica familiare cambia completamente e la stessa Margherita (in arte Rita) si trasforma da popolana ingenua ed ignorante in una giovane donna sofisticata, amante della letteratura e ferratissima sull’attualità.

Margherita vive un periodo sereno ed è ottimista anche per il futuro quando un fulmine a ciel sereno la colpisce duramente: Ines, da sempre sua cara amica, viene arrestata per l’omicidio del fidanzato Valerio, boss della ligera e noto sciupa femmine.

Sebbene le prove a carico siano molte e la polizia consideri il caso già chiuso, Margherita non crede neppure per un attimo alla colpevolezza dell’amica e decide così di indagare per suo conto nella speranza di trovare prove che possano scagionare Ines ed assicurare il vero colpevole alla legge. Scartata piuttosto in fretta l’ipotesi di un regolamento fra bande, che non avrebbe motivo d’essere, Margherita si concentra sull’ipotesi di un delitto passionale ad opera di un marito o fidanzato tradito.

Con l’aiuto di altri amici d’infanzia, di un paio di amorevoli clienti e grazie ad un notevole intuito, la bella squillo scaverà a fondo nella vita e nelle frequentazioni del morto ed alla fine riuscirà davvero a portare a galla la verità.

GIUDIZIO

Il nuovo romanzo di Crapanzano è piacevole da leggere, ha un intreccio valido e personaggi ben costruiti. Tuttavia non mi ha conquistata. Innanzitutto ho trovato l’ambientazione forzata: i continui richiami a prodotti e marche, spesso con l’inserimento degli slogan pubblicitari e talvolta anche con confronti rispetto ai giorni nostri, creano una sorta di artificialità. In secondo luogo il modo in cui vengono presentate la ligera milanese, da un lato, e la professione della squillo, dall’altro, appaiono quanto meno superficiali, se non proprio ingenui. Infine i dialoghi mancano di spirito ed ironia e quindi penalizzano la narrazione piuttosto che arricchirla. Dunque pur riconoscendo la bravura dello scrittore so già che non andrò a recuperare i vecchi romanzi e che non acquisterò quelli futuri.

 

La squillo e il delitto di Lambrate

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