recensioni

Paolo Roversi “La mano sinistra del diavolo (La terza indagine di Enrico Radeschi)”

PAOLO ROVERSI

Paolo Roversi è nato a Suzzara, in provincia di Mantova, nel 1975; si è laureato in Storia contemporanea all’università di Nizza; si è stabilito a Milano (dove vive ancora oggi) ed ha iniziato una carriera assai articolata.
Ha collaborato con numerosi giornali e riviste (“Corriere della sera”, “Rolling Stone”, “GQ”, ecc), ha lavorato come sceneggiatore per la televisione (“Distretto di polizia”), gestisce la casa editrice digitale “MilanoNera” e scrive libri.
Roversi è considerato uno dei massimi esponenti del noir metropolitano ed i suoi romanzi hanno vinto numerosissimi premi. La sua fama come giallista è in gran parte dovuta alla serie che ha come protagonista il giornalista hacker Enrico Radeschi. Si tratta di sei volumi tutti autoconclusivi ma che varrebbe la pena di affrontare in base all’ordine cronologico previsto dall’autore (rispettando anche l’uscita in corso d’opera di alcuni prequel):
1 – La confraternita delle ossa
2 – Blue Tango
3 – La mano sinistra del diavolo
4 – Niente baci alla francese
5 – L’uomo della pianura
6 – Cartoline dalla fine del mondo
7 – Alle porte della notte

LA MANO SINISTRA DEL DIAVOLO (LA TERZA INDAGINE DI ENRICO RADESCHI)

All’inizio di una delle estati più calde e afose degli ultimi decenni, il giornalista-hacker Enrico Radeschi lascia Milano, sua città adottiva, per tornare a Capo di Ponte Emilia, piccolo borgo della Bassa affacciato sul Po, sì da occuparsi del gatto dei genitori, assenti per villeggiatura. Giunto in paese sulla sua mitica vespa gialla, Enrico si trova immerso in una serie di delitti assai peculiari perché relativi ad anziani già ad un passo dalla morte naturale. Ufficialmente il caso è affidato al maresciallo dei Carabinieri Giorgio Boskovic, originario di Bologna, militare tutto d’un pezzo, divorziato. Il sottufficiale accetta di collaborare con il giornalista e prende così il via un’indagine che finirà con il portare a galla una verità dalle radici antiche.
Contestualmente a Milano anche il vicequestore Loris Sebastiani, amico di vecchia data di Radeschi, è impegnato in un caso di omicidio e in più di un’occasione chiede assistenza al fidato hacker. Il poliziotto scoverà il colpevole ma la faccenda si rivelerà ben più prosaica rispetto al mistero di Capo di Ponte.

GIUDIZIO

“La mano sinistra del diavolo” del 2006 è scritto con uno stile fresco ed ironico, talora addirittura esilarante e presenta dei personaggi ben caratterizzati, soprattutto la new entry Boskovic.
Il romanzo comunque si concentra, soprattutto e giustamente, sul duplice intreccio giallo. La parte ambientata a Milano è più sbrigativa e veloce, come si addice ad una grande città abituata, quasi impermeabile, suo malgrado, ai reati. L’indagine è comunque credibilissima ed il lettore si immerge inoltre facilmente nel clima vacanziero di un’estate sui navigli. A farla da padrone però è la trama riconducibile a Capo di Ponte Emilia. Roversi è davvero bravissimo a creare questo piccolo borgo immaginario che ricorda, con i dovuti aggiornamenti, i luoghi tanto cari al Guareschi di Peppone e Don Camillo, inevitabilmente richiamati anche nella trama, un vero e proprio cold case che affonda in una parte di storia italiana troppo spesso dimenticata e trascurata.
Tralasciando “La confraternita delle ossa” che è un prequel scritto nel 2018, rispetto all’esordio di Enrico Radeschi in “Blue tango”, questa avventura è decisamente migliore: l’autore è cresciuto ed io già non vedo l’ora che esca in versione e-book “Niente baci alla francese”.

 

La mano sinistra del diavolo

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