recensioni

Casa Surace “Quest’anno non scendo”

CASA SURACE

Nel 2015 Simone Petrella, Alessio Strazzullo e Daniele Pugliese, coinquilini, hanno dato vita a “Casa Surace” (dal cognome riportato sulla targa del loro appartamento in affitto). Si tratta di una factory e casa di produzione che gira e posta video tesi a ironizzare sugli stereotipi relativi a Nord e Sud. A Dicembre 2018 questi ragazzi hanno deciso di mettersi alla prova con un vero e proprio romanzo ed hanno pubblicato “Quest’anno non scendo”.

QUEST’ANNO NON SCENDO

Antonio Capaccio è un ragazzo pugliese, trapiantato a Milano per gli studi universitari. Dopo la laurea in ingegneria informatica ha trovato un lavoro a tempo determinato presso la ditta Bergonzi & Co. A metà Dicembre però, inaspettatamente, gli viene offerto, dalla società di cui sopra, un contratto a tempo indeterminato. Si tratta di un’incredibile opportunità da accogliere con gioia se non fosse che il primo incarico affidato ad Antonio nel suo nuovo ruolo è un enorme grattacapo da risolvere prima della fine dell’anno e che quindi gli impedirà di sfruttare le ferie per tornare a casa, a San Vito, per festeggiare il Natale.
A San Vito Antonietta Capaccio sta partecipando alla tradizionale processione del 13 Dicembre interpretando, come sempre, il ruolo di Santa Lucia. Quando apprende dal figlio le novità si sente male, scatena un putiferio, che coinvolge mezzo Paese, ed entra in coma.
L’intera famiglia si raccoglie al suo capezzale. Il marito Rocco, ex operaio che, ormai in pensione, tende ad uscire di casa solo il minimo indispensabile. L’altro figlio Pasquale, anche lui studente a Milano ma già rientrato a casa per le vacanze. Il nipote Angelo, cantante neo melodico che sogna di sfondare alla stregua di Gigi D’Alessio. L’amico-manager di Angelo, Eugenio. La nipote Rosa, da sempre insofferente nei confronti del Sud, in generale, e della sua numerosa e rumorosa famiglia, in particolare. La sorella zitella Tettella. A casa sono rimasti solo gli anziani genitori di Antonietta: nonno Angelo, che passa più tempo dormendo che stando sveglio, e nonna Rosa, che “presidia il forte” cucinando per tutti, perché bisogna sempre e comunque mangiare.
Di tutti il più preoccupato per Antonietta è, ovviamente, il marito Rocco che non riesce proprio ad immaginare di poter vivere senza la moglie. Nel tentativo di farla in qualche modo rinvenire le promette addirittura di far salire a Milano l’intera famiglia per festeggiare comunque il Natale tutti insieme. Antonietta si riprende e ci si organizza per intraprendere il viaggio.
La sola possibilità, visti i tempi stretti, è muoversi con automezzi propri, così, dopo aver raccolto pacchi da consegnare a tutti i fuori sede originari di San Vito, la famiglia intera, con l’aggiunta di Eugenio e di un amico di Pasquale, Riccardo, partono alla volta di Milano, con una 127 ed un vecchio pulmino 9 posti.
La strada che separa San Vito e Milano è lunga, tanto più che, per qualche incomprensibile motivo, Rocco decide di fare l’intero tragitto usando le diverse provinciali invece che l’autostrada.
Il viaggio sarà costellato di imprevisti e di deviazione richieste, di volta in volta, da questo o quel partecipante e non mancheranno neppure momenti di tensione e pesanti litigate. Ma una famiglia “è una famiglia solo quando non si divide” e così, a dispetto di tutto, Capaccio ed aggregati faranno il possibile ed anche l’impossibile per portare a termine la loro missione: trascorrere tutti insieme la notte di Natale.

GIUDIZIO

Il romanzo è impregnato di luoghi comuni che però (e lo dico per esperienza diretta, da figlia di calabresi trapiantati) hanno sempre un fondo di verità e comunque servono a sottolineare valori e tradizioni davvero imprescindibili per le famiglie meridionali. Per altro il trattamento che i Capaccio ricevono in Veneto stempera di molto le differenze Nord-Sud in nome di un’italianità comune e diffusa. Il ritmo della narrazione è serrato, anche se alcuni flash back confondono un po’ il lettore e la suddivisione dei capitoli non è impeccabile. L’intreccio è solido. I personaggi vanno ben oltre le macchiette, anzi sono proprio ben costruiti. Lo stile è semplice ma non banale e ci sono piacevoli descrizioni. La parte del leone comunque la fanno dialoghi e battute: esilaranti.
Non essendo appassionata di video e di piattaforme social, personalmente non conoscevo Casa Surace. Ho acquistato il libro perché cercavo un romanzo natalizio, un po’ buonista, e il riassunto mi ha incuriosita. E’ stata una rivelazione: ho riso tantissimo e l’ho letteralmente divorato. Mi piacerebbe che si decidesse di farne un film (sperando con cast e sceneggiatura adeguati!) e soprattutto spero che questi ragazzi continuino a scrivere libri: io li comprerò sicuramente.

 

Quest'anno non scendo

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